Jason Oddy. Within
a cura di Carlo Madesani e Serena Zacheo
Inaugurazione: giovedì 13 gennaio ore 18.30
13 gennaio – 19 febbraio 2011
Camera16, via Pisacane 16, Milano
orari: martedì - sabato / 15.00 - 19.00
Jason Oddy (Londra, 1967) presenta a Camera16 una
vasta selezione di scatti nei quali riesce ad immortalare
l’architettura e a catturare, estraniandosi e isolandosi
dalle persone e dai rumori, sensazioni e segnali che
altrimenti passerebbero inosservati. Si tratta in fondo di
stanze come le altre: quattro mura, un soffitto, un
pavimento.... ma guardando con attenzione, quei luoghi
così anonimi prendono una connotazione particolare, ed
ecco comparire un sanatorio, un ospedale, la sede delle
Nazioni Unite, luoghi di potere, di controllo, di profonde
emozioni, luoghi nei quali distacco e asetticità sono solo
una facciata, non-luoghi, punti in cui risuona ancora
l’eco di una presenza umana, che li ha segnati negli anni
a tal punto da modificarne i connotati. La ricerca di Oddy
è ancorata ad una irresistibile fascinazione per lo
spazio, per le strutture architettoniche, non una semplice
attrazione verso luoghi importanti, sedi e siti dove il
potere, la storia, un’ ideologia o semplicemente una
qualche strana forma di logica convergono, ma verso
precise sezioni in cui storie parallele si concentrano: il
punto di fuga di un corridoio, un quadro appeso di
traverso, la porzione di una parete con più interruttori o
con un’ insolita combinazione di colori. Dettagli come
sintomi di qualcosa così radicato ed allo stesso tempo
così discreto da non essere minimamente percettibile. Il
vero soggetto non è lo spazio concreto, ma l’empatia che
si instaura con esso, le fotografie non sono semplici
immagini di interni ma le tracce visibili di un rapporto
di simbiosi, di una profonda relazione in cui il fotografo
scompare diventando parte del tutto, assorbito non solo
dal compito di elaborazione e di messa a fuoco, ma dal
contesto. Questo annullamento dei singoli non è però un
processo a senso unico, c’è uno scambio reciproco tra chi
è passato, tra ciò che è accaduto e chi è fisicamente
presente.
Normalmente questi effetti passano inosservati: nati e circondati da un'architettura siamo sotto il suo incantesimo dall'inizio, siamo oggetto di osservazione da sempre, ma con uno sguardo costante, molto più determinante rispetto al nostro che cambia sempre punto di vista. Rendere questa interazione, tra soggetto e spazio, visibile non è un compito facile. Eppure la capacità della fotografia di catturare non solo un momento nel tempo ma anche di congelare una posizione nello spazio, significa che forse più di ogni altro mezzo può essere una rappresentazione degli effetti dello spazio stesso, di come ci si perde in esso, di come si cambia. Forse allora possiamo cominciare a comprendere le azioni di un'architettura che non smette mai di lavorare su di noi, un’architettura così radicata in noi che la sua struttura è la nostra struttura.
I ritratti di spazi vuoti ed immobili ci chiedono solo di contemplare la bellezza e il valore che il mondo artificiale contiene.
In allegato il testo An Epistemology of Space di Craig Burnett, critico d'arte che ha scritto per numerose pubblicazioni tra cui Art Review e Frieze. Burnett è inoltre l'autore di Jeff Wall, pubblicato dalla Tate.
Camera16, via Pisacane 16, 20129 Milano tel +39 02 36601423 www.camera16.it info@camera16.it
Normalmente questi effetti passano inosservati: nati e circondati da un'architettura siamo sotto il suo incantesimo dall'inizio, siamo oggetto di osservazione da sempre, ma con uno sguardo costante, molto più determinante rispetto al nostro che cambia sempre punto di vista. Rendere questa interazione, tra soggetto e spazio, visibile non è un compito facile. Eppure la capacità della fotografia di catturare non solo un momento nel tempo ma anche di congelare una posizione nello spazio, significa che forse più di ogni altro mezzo può essere una rappresentazione degli effetti dello spazio stesso, di come ci si perde in esso, di come si cambia. Forse allora possiamo cominciare a comprendere le azioni di un'architettura che non smette mai di lavorare su di noi, un’architettura così radicata in noi che la sua struttura è la nostra struttura.
I ritratti di spazi vuoti ed immobili ci chiedono solo di contemplare la bellezza e il valore che il mondo artificiale contiene.
In allegato il testo An Epistemology of Space di Craig Burnett, critico d'arte che ha scritto per numerose pubblicazioni tra cui Art Review e Frieze. Burnett è inoltre l'autore di Jeff Wall, pubblicato dalla Tate.
Camera16, via Pisacane 16, 20129 Milano tel +39 02 36601423 www.camera16.it info@camera16.it