BAZAR SEGNALA
BEDUINA – Alicia Erian (Adelphi. 345 pp., 18 euro)
Avete
paura di innamorarvi? Allora state alla larga da questo libro.
Altrimenti è quasi impossibile evitare che il cuore palpiti per Jasira,
costringendovi a fare follie per lei. Come leggere 345 pagine d’un
fiato, in un crescendo di coinvolgimento emotivo, alternando fitte allo
stomaco a sospiri liberatori.
Chi è Jasira? Per Zack, il bambino cui fa da baby sitter, è una beduina o una leccatappeti.
Perché il padre di Jasira, con cui lei vive, è di origine libanese, pur
essendo talmente integrato da lavorare alla NASA e esporre in giardino
la bandiera a stelle e strisce durante la guerra del Golfo. Così il
padre di Zack, il signor Vuoso, riservista dai muscoli gonfiati, non
penserà che stia dalla parte di Saddam Hussein. Solo che il
signor Vuoso è attratto da Jasira, in un modo che non dovrebbe essere.
Perché lei, anche se piuttosto procace, ha solo 13 anni. Vuoso non sa
trattenersi e la viola. Jasira si spaventa, si ritrae, ma poi le pare di essere innamorata dell’uomo: “mi
sentivo tradita dal mio corpo. Mi sentivo come se nel cervello pensassi
una cosa, ma poi nel resto di me stessa ne succedesse un’altra”.
Ma nella vita di Jasira c’è anche Thomas, un compagno di classe, con
cui fa l’amore. Thomas è nero. Data la condizione di meticciato di
Jasira, non dovrebbero esserci problemi. E invece per il padre di lei
ci sono eccome, perché “sui moduli i mediorientali sono considerati bianchi”. Il padre le è molto distante. Quando secondo lui lei devia dalla retta via, la riempie di botte.
Melina, una vicina di casa, è l’unica che ascoltandola veramente è
pronta a offrirle affetto incondizionato. Privo com’è di sbavature
nella trama, il romanzo della scrittrice di Boston Alice Erian è un esordio SORPRENDENTE, soprattutto nelle pagine in cui descrive la scoperta della sessualità come un mix di sensazioni contrastanti.
Colonna sonora: PHARRELL WILLIAMS In my mind
TALENT SCOUTING
SENZA CODA – Marco Missiroli (Fanucci Editore. 182 pp., 11,50 euro)
Senza coda assomiglia a Io non ho paura, romanzo di Ammaniti
giustamente celebrato da critica e pubblico. Anche qui il protagonista
è un bambino, Pietro, alle prese con un padre despota e cattivo. Anche
qui il bambino è costretto a scrollarsi di dosso la spensieratezza
dell’infanzia e affrontare la realtà: decidere se essere complice del delinquere paterno o ribellarsi accollandosene le conseguenze.
E anche qui ci sarebbe materia per un film - genere thriller familiare
- denso com’è di momenti di tensione. Anzi, dando corpo a questa
suggestione, nel ruolo del padre sarebbe perfetto il Peppe Servillo de Le conseguenze dell’amore.
Ma dicevamo del libro, ottimo esordio narrativo del ventiquattrenne Marco Missiroli,
che ha nella lingua e nel suo disporsi come stile – quello di
un’emotività sapientemente compressa – il suo punto di forza. Eccone un
esempio d’atmosfera: “Il silenzio che li accolse […] era assoluto e
pulsava, un rumore continuo, fastidioso e gelido. Vibrava nell’atrio e
per tutta la tromba delle scale, era un fischio infinito che strideva
nelle orecchie”. Oppure, nel descrivere un personaggio sinistro: “la barba era rada e ogni filo era una lingua che si contorceva e si allungava per afferrarti”. Ci sono pagine davvero esemplari: le scene di “caccia” alla lucertola e quelle dove sentiamo tutto il terrore di essere bambini figli di tale padre.
Altrettanto convincente è la struttura della storia. Di un’enigmatica
oggettività all’inizio, via via sempre più carica psicologicamente (la
componente edipica risulta ben dosata), fino all’esplosivo epilogo: in
cui finalmente “la cosa dentro”, l’insieme di reazioni
istintive ingabbiate nella pancia di Pietro, esce in superficie. Così
come un nuovo talento di sicura stoffa.
Colonna sonora: FABRIZIO DE ANDRE’ In direzione ostinata e contraria
PENSARE LEGGENDO
ESISTE DAVVERO IL TERRORISMO? – Antonio Gambino (Fazi Editore. 80 pp., 7 euro)
Esiste davvero il terrorismo? Non è una domanda retorica, ma il titolo di un saggio stringato di Antonio Gambino,
per oltre un quarantennio giornalista a L’Espresso nella Sezione
Esteri. Un libretto illuminante, che ci aiuta a uscire dalla bolla di
paura nella quale stiamo vivendo. (Naturalmente il “noi” sottinteso è
quello di chi ha cittadinanza nelle società cosiddette occidentali: i
ricchi del pianeta a scapito di tutti gli altri). Come? Invitandoci a
fare uso della ragione, schivando le manipolazioni dei mass-media in
combutta con il potere, fautore del pensiero unico.
Gambino osserva che già il fatto che il termine terrorismo faccia
mostra di sé sui giornali, da 3-4 anni a questa parte, con frequenza di
gran lunga maggiore rispetto ad altre parole che rappresentano problemi
di ben altra portata – una per tutte: fame – dovrebbe insospettirci. Se poi, in qualità di opinione pubblica, fossimo un po’ più vigili, vale a dire manifestassimo “un
vero desiderio di conoscere la verità, sviluppando una genuina
indignazione per il fatto che essa ci sia regolarmente nascosta”, ci accorgeremmo come l’uso sistematico della bugia abbia prodotto “nei
dannati della terra ferite durature e generato in loro reazioni di
frustrazione e di rivalsa non sanate e non facilmente sanabili”.
Gambino
ci mette in guardia: al punto in cui siamo giunti, c’è poco da sperare
in risultati immediati, anche posto ci fosse una massiccia azione
virtuosa tesa a superare le disuguaglianze presenti nel pianeta. Una
soluzione positiva “non può essere che trovata lentamente e dal basso”
e solo a patto di considerare terrorismo “tutte le forme di violenza collettiva che coinvolgono come vittime soggetti terzi”. E qui, noi occidentali, non siamo stati secondi a nessuno.
Colonna sonora: MICATONE Nomad songs
UPPER READERS
IL VESTITO NERO DI ODELIA – Alon Altaras (Voland. 232 pp., 13 euro)
Domanda: qual è oggi il Paese con la densità più alta di grandi scrittori? Il piccolo Israele,
territorio suggestivo, di fuoco, di contraddizioni, di ferrea volontà
di esistere. E qual è la caratteristica che accomuna autori tra loro
stilisticamente diversissimi, come ad esempio la triade dei più
celebrati all’estero, Yehoshua, Oz e Grossmann? La tensione etica che
motiva ogni loro storia. Anche quando si tratti di vicende prettamente
private. Anzi, soprattutto in quel caso.
Si prenda “Il vestito nero di Odelia”.
Il protagonista è un giovane professore universitario, divorziato e un
po’ indolente, che suo malgrado è irretito dal comportamento bizzarro
di una studentessa. Odelia, appunto. Lui fin dall’inizio sa - ce lo dice – che questa storia non gli porterà nulla di buono. Anzi: che lo farà soffrire.
Sa che Odelia è sposata e che non si fa scrupolo di tradire il marito
con lui. Quando poi gli fa conoscere la sua inquietante famiglia
d’origine, il fratello di lei – dopo averlo messo in guardia dalla
frequentazione della sorella – si chiude nella sua stanza e si uccide. Eppure, nonostante le occasioni per fuggire, non riesce a tirarsi indietro.
In fondo, il suo più che un amore è l’attrazione per un enigma: chi è
Odelia? Fragile o forte, tenera o cinica, cattiva o malata? Che cosa la
spinge a dire bugie inutili, a buttarsi nelle braccia di sconosciuti, a
ritrarsi da quelle di chi ama? Nel tentativo di rintracciare la
soluzione, ci saranno anche dei pellegrinaggi in Italia: un soggiorno a
Roma, una luna di miele a Venezia, due zie triestine di Odelia forse in
grado di gettare un po ‘di luce sul mistero. Ma, con molta astuzia
narrativa, Alon Altaras, lascia che sia il mistero a inghiottire tutti
noi.
Colonna sonora: RITA LEE Bossa ‘n Beatles
OLD FASHION
IL PADRE DI UN ASSASSINO – Alfred Andersch (Marcos y Marocs. 124 pp., 10 euro)
Se ritenete antidiluviana la frase “a
scuola non è assolutamente pensabile che uno studente contraddica un
insegnante – e tanto meno il preside! – e non solo lo contraddica, ma
si comporti come se potesse parlare con lui come con una persona
qualsiasi”, avete perfettamente ragione: anche se è stata scritta
nel 1980, appartiene a un racconto ambientato nel 1928. Quando un
qualunque professore poteva incutere timore e l’apparizione di un
preside addirittura terrorizzare un’intera classe, docente compreso.
Chissà: forse oggi questo testo, se adottato nelle scuole, anziché
essere incasellato nel filone realista, sarebbe preso come un esempio
di fantascienza catastrofista alla stregua di Orwell. Invece è tutto
vero, è tutto successo.
Ce lo rivela nella postfazione lo stesso autore, il tedesco Alfred Andersch, cui sono capitati i fatti attribuiti nella finzione narrativa al protagonista Franz Kien. Che un giorno vede irrompere, durante una sonnolenta lezione di greco, il Rex
– così veniva denominato il preside nei licei ginnasi tedeschi! – allo
scopo di verificare la preparazione degli studenti, sondando nel
contempo la validità del metodo di insegnamento del professore. E fa strage.
Al secchione della classe non dà alcuna soddisfazione.
Dell’accademicità del professore si fa beffe. Al pur bravo ma arrogante
rampollo dell’aristocrazia dà una vera e propria lezione che culmina
nella sua espulsione dall’istituto. Fino ad arrivare al nostro Franz
Kien. Che non è esattamente uno studente modello e per questo avrà la
peggio.
Ora si dà il caso che questa figura titanica – il preside
– nella realtà altri non fosse che il padre di Heinrich Himmler, numero
due del Terzo Reich e “il più grande sterminatore di vite umane”…
Colonna sonora: JOSHUA REDMAN ELASTIC BAND Momentum
BAZAR COLLECTION
MISTER LINEA E QUELL’INCREDIBILE VENERDI’ 17 – Osvaldo Cavandoli (Gallucci. 21 pp. + DVD, 18 euro)
Per gli over 35, quelli che andavano a letto dopo Carosello, la visione di Mister Linea è una madeleine dal gusto intenso in grado di catapultarli in pochi secondi nell’età infantile, inducendoli a canticchiare “badu-badu”,
l’aria musicale che faceva da sottofondo alle avventure del nostro
eroe. Per i più giovani, quelli abituati ai film d’animazione con
effetti speciali strabilianti, sarà sorprendente vedere che cosa può
produrre una fervida immaginazione, unita alla grazia poetica, con
l’ausilio di mezzi scarsissimi.
Osvaldo Cavandoli – oggi riconosciuto maestro 85enne – ebbe, negli anni ’60, un’idea geniale: disegnare
un omino con il nasone, che si muoveva su uno sfondo nero, grazie a una
linea bianca tracciata da una mano reale che impugnava una matita.
L’omino, pur dovendo la propria vita alla volontà del disegnatore,
cercava di imporgli di disegnare cose, persone o animali atti a
soddisfarlo: la mano a volte lo assecondava, a volte si prendeva gioco
di lui. L’omino parlava una lingua inventata - vagamente simile al
gramelot di Dario Fo – da cui ogni tanto si carpiva
chiaramente un vocabolo, modulando i toni a seconda dei suoi stati
d’animo: rabbia impotente, riso derisorio, curiosità ingenua e paura
infantile. In pochi minuti d’animazione, succedevano tantissime cose:
non è esagerato dire che ogni storia riproducesse uno spaccato di vita.
Il
libro, con una ventina di tavole, illustra quella arcinota
dell’incredibile venerdì 17. L’allegato dvd, con i suoi 50 minuti di
animazione, è addirittura imperdibile.
Colonna sonora: LA LINEA la musica – original soundtrack