Un momento per bere un sorso e chiedersi se per caso si è cambiato idea, per poi ricompattarsi, orientarsi nuovamente, e ripartire.
Da
testata giornalistica di informazione e intrattenimento a movimento
culturale, passando per l’organizzazione di eventi multimodali, la
formazione orizzontale nelle aule universitarie, le campagne
intercreative di solidarietà, la promozione transmediale di artisti
emergenti, fino a raggiungere le pubblicazioni in libreria e la nascita
di una radio ipertestuale, Bazar si misura.
Bazar ha acquistato peso e raffinato la sua identità, che si staglia con contorni più nitidi:
un brand culturale che veicola contenuti oltre che merce;
fa transitare il gusto piuttosto che il potere;
mette le banconote al servizio dei contenuti invece che i contenuti a servizio delle banconote;
veicola la creatività attraverso i prodotti e come un prodotto;
ridiscute la paternità di marketing e pubblicità sulle strategie di traino del desiderio, traducendole in pratiche critiche e solidali;
contamina e mette in contatto ambienti socioculturali e creativi che di solito non collaborano;
trasloca i codici glocali e tribali fuori dalle community per connettere identità e appartenenze differenti trasformandole in progetti e cooperazioni.
Anche
oggi, come in principio, Bazar rimane principalmente un LUOGO: uno
spazio aperto (come una piazza, come un mercato…) che non ha porte a
sbarrare l’ingresso, percorsi obbligati o valori pre-assegnati, che
mostra, scambia, si confronta, colorato, profumato, disordinato ma con
ragione, rumoroso e sudato come è la vita, dove circolano stranieri ed
esotismo, ricordi e progetti (si restaura e si crea), dove acquistare
conta quanto vendere, prendere quanto cedere, un luogo protetto come sa
esserlo una comunità che condivide una medesima pratica vitale.
Ancora, andiamo avanti, e grazie a tutti.